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Da “Il Fisco” n. 39/2021

 

  

Il Processo Tributario Telematico non garantisce il diritto di difesa

di Alberto Buscema

Avvocato e Dottore Commercialista in Padova

Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione - vigente nell’antecedente regime del processo tributario cartaceo in cui il deposito coincideva con la disponibilità del documento per la controparte - il deposito di documenti e memorie deve avvenire rispettivamente nel termine perentorio di 20 e 10 giorni liberi prima della data di trattazione della controversia, per consentire alla controparte di esercitare il proprio diritto di difesa e realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice. La piattaforma telematica del processo tributario rende disponibili alla controparte i documenti depositati dopo qualche giorno dal deposito. Quindi, nel caso di deposito effettuato l’ultimo giorno disponibile, il termine di deposito di tali atti risulterà tempestivo per la parte che vi provvede, ma lesivo per l’altra, che vedrà compromesso il proprio diritto di difesa.

1. Premessa

Il passaggio dal processo tributario cartaceo a quello telematico ha comportato molteplici vantaggi e, tutto sommato, l’innovazione può dirsi positiva.

Vi sono effettivi risparmi in termini di tempo, la notifica e il deposito degli atti sono procedimenti quasi istantanei e non richiedono più di recarsi in posta, fare file per la spedizione e poi attendere per giorni la ricevuta di ritorno della raccomandata.

Parimenti, per il deposito dell’atto, non è più necessario recarsi fisicamente alla Commissione tributaria o tornare all’Ufficio postale per spedire il plico destinato ai giudici: in pochi minuti davanti al computer si riesce a notificare e depositare.

Diminuiscono, così, anche i costi e ne beneficia l’organizzazione dello studio: dove prima erano depositate pile di fascicoli cartacei ora si può fare spazio per altro, ormai tutto - o quasi - il materiale processuale viene archiviato digitalmente in supporti di dimensioni contenute.

Tuttavia, nell’ambito del Processo Tributario Telematico (P.T.T.) pare non sia stato accuratamente meditato l’iter di formazione del fascicolo telematico, trascurando alcuni passaggi che possono causare una lesione del diritto di difesa.


2. Un inaspettato inconveniente tecnico

La piattaforma del Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.) è utilizzabile sette giorni su sette e 24 ore al giorno, consentendo il deposito degli atti processuali anche all’ultimo minuto del giorno in cui scadono i termini per l’adempimento.

Per esempio, se si deve depositare un ricorso l’ultimo giorno utile per farlo, poniamo sia il sessantesimo giorno dalla notifica dell’avviso di accertamento, si procede alla trasmissione dell’atto tramite il P.T.T. anche alle ore 23,59, ora in cui ordinariamente gli Uffici della Commissione sono chiusi, risultando l’atto tempestivo.

Il sistema telematico provvederà, infatti, a rilasciare una ricevuta “sincrona” sulla quale verrà riportata la data e l’ora di acquisizione dell’atto, momento che rileverà ai fini del deposito e del rispetto dei termini processuali.

Ovviamente se non ci sono motivi per scartare l’atto depositato: se il file contiene virus, la firma digitale non è valida o il file non è integro, il deposito non potrà andare a buon fine.

Il sistema telematico, successivamente all’acquisizione dell’atto digitale, invierà una prima PEC di presa in carico della pratica, contenente copia della ricevuta sincrona visualizzata al momento della trasmissione, e una seconda PEC, con la quale avviserà che l’atto è stato acquisito presso la Commissione tributaria di destinazione.

Dopodiché, una volta giunto l’atto a destinazione, il personale della segreteria dovrà iscrivere la pratica a ruolo, assegnando il numero di registro generale, o, nel caso sia un atto successivo al ricorso, l’abbinamento al numero di registro generale iniziale, di cui la parte riceverà informazione tramite la terza PEC del sistema.

Tuttavia, non deve sfuggire che tra il momento della trasmissione, istante fotografato dalla ricevuta sincrona, e la data di abbinamento o iscrizione a ruolo dell’atto, trascorrono anche diversi giorni (ma ne basterebbe anche uno solo ai fini di quanto si dirà oltre).

Questo sfasamento temporale, pur non riflettendosi sui termini del deposito, che come abbiamo visto retroagisce al momento di trasmissione della pratica, ha effetti pratici sulla visualizzazione dell’atto.

Infatti, esso verrà immesso nel fascicolo informatico, non già al momento della trasmissione, ma al momento in cui la segreteria della Commissione lo validerà.

Ora, con riferimento specifico alle memorie di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992, la loro trasmissione può risultare tempestiva al momento in cui viene emessa la ricevuta sincrona, ma intempestiva quando sarà leggibile dalla controparte, ovvero solo al momento dell’abbinamento da parte della segreteria della Commissione.

3. Violazione del diritto di difesa

Questo lasso di tempo sconvolge la previsione legislativa dei termini, ideata in un sistema che funzionava diversamente, dove tutto era immediato e i controlli erano esclusivamente demandati al personale addetto alla ricezione degli atti.

Si rammenterà che, nel precedente sistema processuale analogico, quando una parte depositava un atto processuale, esso si rendeva immediatamente disponibile per la controparte: non vi erano momenti di attesa, ciò che veniva inserito nel fascicolo processuale non doveva essere valutato da alcun operatore, se non sommariamente ed istantaneamente, e poteva essere subito prelevato dall’altro contendente.

Oggi invece si deve attendere l’esito dell’acquisizione al sistema telematico.

L’art. 11, comma 1, del Decreto del 23 dicembre 2013, n. 163, del Ministero Economia e Finanze, è chiaro nel riferire che è necessaria la “corretta acquisizione” degli atti successivi alla costituzione in giudizio affinché questi si considerino depositati.

E ancora più chiaro è l’art. 8, comma 2, del Decreto del 23 dicembre 2013, n. 163, del Ministero Economia e Finanze, rubricato “Attestazione temporale delle comunicazioni, delle notificazioni telematiche e dei depositi telematici” dal quale si evince che “Il deposito dei documenti informatici presso la segreteria della Commissione tributaria si intende eseguito al momento attestato dalla ricevuta di accettazione rilasciata dal S.I.Gi.T.”.

È, quindi, necessaria l’accettazione del documento digitale perché questo possa essere disponibile per la controparte.

Infatti il S.I.Gi.T. richiede l’esecuzione di alcuni controlli (1) che possono concludersi con l’accettazione o il rifiuto del deposito1.

Ciò per effetto dei controlli su:

- eventuale presenza di virus nei files trasmessi;

- loro dimensione;

- validità della firma digitale;

- integrità dei files;

- correttezza dei formati.

Tali requisiti essenziali sono dettagliati nell’art. 10 del medesimo decreto.

Ecco la ragione di questo iato tra deposito ed eventuale accettazione: sono necessari alcuni controlli di validità dei documenti digitali.

Questo particolare procedimento disallinea i termini concessi o garantiti alle parti processuali.

Soffermiamoci un attimo sulla funzione e sul tipo di termini processuali che vengono qui considerati per poi riprendere il ragionamento.

Come è noto, i termini per il deposito delle memorie e/o documenti sono stati interpretati dalla Corte di cassazione quali perentori, ovvero non comprimibili, perché destinati a tutelare il diritto di difesa della controparte e a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice.

L’art. 32, del D.Lgs. n. 546/1992, non stabilisce espressamente la perentorietà del termine; essa è frutto di un consolidato orientamento giurisprudenziale del massimo giudice.

Il fine è evidente.

Si tratta di un tempo ritenuto congruo al fine di consentire alla controparte di esaminare i documenti - che vengono depositati fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione della controversia, ex art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992 - e di avere il tempo necessario a formulare una memoria illustrativa, da depositare fino a dieci giorni liberi dalla data di trattazione della controversia, ex art. 32, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 (2); o comunque a meditare la strategia da utilizzare in udienza a fronte di tali novità.

Parimenti in caso di deposito di memorie illustrative la controparte avrà il termine di dieci giorni per meditare la difesa o, in caso di trattazione della causa in camera di consiglio, di proporre brevi repliche scritte.

Il sistema dell’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992, consente, dunque, alle parti di realizzare un pieno contraddittorio tra memorie, documenti e repliche, queste ultime anche orali nel giorno dell’udienza.

I termini ivi stabiliti sono necessari anche al giudice per avere il tempo utile ad analizzare il materiale depositato.

Tornando al problema sollevato in questo scritto, se nell’attuale processo telematico si vogliono depositare in giudizio alcune prove/documenti o argomentare ulteriormente sui motivi di causa e si provvede a farlo l’ultimo giorno utile, potrà verificarsi il disallineamento prima evidenziato, con la lesione del diritto di difesa della controparte che ben potrà sollevare tale vizio, con le intuibili conseguenze.

Infatti, per il depositante i termini potranno essere tempestivi, ma per il contraddittore questi vengono parzialmente erosi dai controlli sull’idoneità dei files inviati al S.I.Gi.T.

Ci si trova quindi innanzi ad un problema di primaria importanza.

Per ovviare a tale inconveniente è consigliabile non ridursi all’ultimo giorno utile per depositare memorie e documenti (3); non solo perché può essere pericoloso (l’eventuale insuccesso del deposito può costare anche la perdita della causa, si pensi al caso dell’invio di materiale probatorio decisivo), ma anche perché potrebbero essere sollevate eccezioni dalla controparte sul mancato rispetto del termine ad essa concesso per la difesa.

Lesione però non causata dal depositante bensì dal S.I.Gi.T.

La soluzione a questo problema potrebbe essere risolta solo riformando la normativa attuale, rendendo più veloce la procedura di controllo e acquisizione, qualora possibile, affiancata da una restrizione degli orari di deposito di tali atti, poniamo ad un’ora del giorno di scadenza che consenta l’effettuazione dei controlli necessari all’acquisizione.

4. Conclusioni

Quanto sin qui esposto dimostra che il P.T.T presenta una evidente falla, un vulnus di più diritti, in particolare del diritto di difesa.

Con il vecchio sistema cartaceo, il deposito delle memorie era immediato, doveva avvenire entro i 20 o 10 giorni liberi prima dell’udienza di trattazione della controversia e la controparte poteva ritirare la sua copia, con gli allegati, tempestivamente, senza alcuna compressione dei termini.

È ora necessario che il sistema del deposito di memorie e documenti venga rimeditato.

Se non si porrà rimedio all’inconveniente segnalato ci si potrebbe trovare innanzi ad un numero impressionante di cause in cui potrà essere sollevata la violazione dei termini difensivi, quelli dell’art 32 del D.Lgs. n. 546/1992, con ripercussioni notevoli sulla gestione delle cause, già complessa per la mole del contenzioso.



1 Cfr. art. 9, comma 1, che rimanda all’art. 8, medesimo decreto sopra citato.

2 Oppure a predisporre brevi repliche scritte in caso di trattazione della causa in camera di consiglio, ex art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992.


3 Tuttavia, anche qui, vi è una lesione dei termini concessi a favore del depositante le memorie e/o documenti, che magari ha bisogno di tutto il tempo disponibile per organizzarsi. È, insomma, un vicolo cieco.

 

 

 

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